sabato 15 novembre 2008

Barbone diventa star su Facebook


Miracoli del social network. Un immigrato di colore che frequenta abitualmente la metropolitana di Napoli è diventato un vero e proprio divo del web, meritandosi perfino un fan club su Facebook con 1350 iscritti.
Il segreto del "successo" sarebbe nel suo caratteristico modo di chiedere l'elemosina intonando un perentorio e reiterato "spicc", termine che in un napoletano appreso significherebbe "spiccioli!". Questo intercalare pare aver affascinato studenti e lavoratori pendolari che usano quotidianamente la metro di Napoli, al punto che il termine "spicc" sarebbe addirittura entrato a far parte del gergo urbano partenopeo per identificare qualcosa che "vale pochi spiccioli".
Penso si tratti del primo caso di clochard che diventa tanto famoso in rete. Chissà come reagirebbe se lo sapesse.

lunedì 10 novembre 2008

Tutti su Berlusconi e intanto.....

.....Bassolino scappa con il malloppo. Sinistrorsi e benpensanti si accaniscono su Berlusconi e sui suoi processi preparati a tavolino dai quali è sempre uscito assolto. Nel frattempo Bassolino si candiderà alle europee nel silenzio di tutti e scapperà a Strasburgo con il malloppo. Come scrive IlGiornale.it: "Bassolino è sott'inchiesta da tempo per abuso d'ufficio, frode in forniture pubbliche e truffa ai danni dello stato perché con il suo modo di fare non avrebbe impedito l'incancrenirsi delle irregolarità nel contratto con le società Fibe e Fisia (riconducibili al colosso Impregilo) incaricate di smaltire i rifiuti secondo regole ferree ma puntualmente disattese.
In particolare - scrivono i pm - il commissario Bassolino «non impediva, realizzava e consentiva la perpetua violazione degli obblighi contrattuali dell'Ati in relazione alle gestione dei rifiuti», anche a fronte dell'«evidente e notoria» mancata raccolta dei sacchetti disseminati in ogni dove."
Dov'è il giustizialista Di Pietro, dove son Grillo, D'Alema e Veltroni?

La tirannia psicologica degli anti-berlusconiani

Ricordo di un bidello della mia università che mi disse sotto voce di essere elettore di Berlusconi. Aveva vergogna di farlo sentire a colleghi, professori e studenti. Mi incazzai non poco con quel bidello!!

martedì 4 novembre 2008

Troppo miele su Obama

Dal Blog di Marcello Foa

La stampa europea da nove mesi fa il tifo per Obama, quella italiana ancor di più (con qualche eccezione): è estasiata. Obama è perfetto, Obama è imbattibile, Obama sarà un superpresidente. Purtroppo anche la stampa americana sta dando una pessima prova di sè. Dico purtroppo perchè vedo i media oscillare tra i due estremi: fino a un paio di anni fa si sono fatti abbindolare con sconcertante facilità dagli spin doctor di Bush, ora eccedono in senso opposto e tirano la volata al candidato democratico. Senza ammettere la propria partigianeria ovviamente.

Due pesi e due misure: con John McCain sono stati severissimi, con Sarah Palin spietati, mentre a Barack Obama hanno perdonato tutto e hanno sorvolato volentieri sulle numerose gaffe di Joe Biden.

Negli ultimi giorni il tifo è diventato palese. Il Los Angeles Times è entrato in posseso di un video in cui si vede Obama mentre brinda all’onore di un ex dirigente dell’Olp in una serata in cui alcuni palestinesi accusano Israel edi terrorismo, ma il quotidiano rifiuta di pubblicarlo. Eppure nessuno dice nulla, nessuno protesta, nessuno si indigna.

I magistrati in Florida hanno appurato che gli attivisti del movimento progressista Acorn hanno registrato illegalmente diverse migliaia di elettori. Anche in questo caso silenzio.

Il sito Drudge Report ha scoperto un’intervista radiofonia del 2001 in cui Obama critica la Corte Suprema e rivendica le virtù della redistribuzione della ricchezza, ma i grandi media l’hanno ignorata.

Qualunque velina del partito democratico viene ripresa con entusiasmo. L’altro giorno lo staff di Obama ha annunciato un discorso storico, concludente, il colpo del Ko. In realtà ha ripetuto gli soliti slogan, ma la stragrande maggioranza dei media l’ha assecondato. Gli affondi di McCain invece sono stati relativizzati, sminuiti. E via su questo tono.

Se Obama verrà eletto, il merito sarà in parte della stampa americana cosiddetta indipendente, che ha volontariamente abdicato ai principi di oggettività. Tra gli urrah di quella europea…

Chi ha paura del Google cattivo?

Via MyMarketing.Net

E’ notizia di questi giorni che Google, nello scorso mese di agosto, ha ulteriormente consolidato la propria posizione predominante tra i motori di ricerca USA, con una quota di mercato pari al 63%, mentre la seconda posizione di Yahoo! si è ulteriormente indebolita, scendendo sotto il 20%.

Questa notizia, unita a quella dell’accordo concluso circa tre mesi fa tra Google e Yahoo! (salutato da molti profeti un po’ troppo avventati del web, come un’altra tappa del luminoso futuro che ci attende), non può che preoccupare sempre di più i maggiori competitors del primo motore di ricerca mondiale, ma anche molti altri protagonisti della rete. Tuttavia, a quanto pare, l’intesa stipulata tra i due colossi potrebbe presto finire sotto la lente dell’antitrust USA, con la possibilità che presto, anche quella europea, possa decidere di esaminare la questione.
L’accordo di cui sopra, permetterebbe, infatti, a Google di controllare probabilmente molto più dell’80% della pubblicità online a stelle e strisce. Già oggi il motore di ricerca di Mountain View ne controlla una cospicua parte, soprattutto per quello che riguarda la pubblicità attuata tramite link evidenziati tra i risultati delle ricerche online effettuate dagli utenti.
E’ evidente come il raggiungimento di una così ampia fetta del mercato pubblicitario web da parte di un singolo soggetto, non può essere una buona notizia per tutti gli altri operatori della rete (e forse alla lunga neanche per gli utenti), visto che tutti, chi più chi meno, traggono dal sempre più fiorente mercato della pubblicità online, parte dei propri ricavi.
I monopoli, in questo come in molti altri ambiti, sarebbero sempre da evitarsi, come ben sappiamo noi italiani, anche quando il monopolista sembra tanto buono, simpatico, intelligente e ‘web-oriented’.

Ernesto Maschilla

venerdì 31 ottobre 2008

Grande Gelmini

un urlo di approvazione al saggio DL proposto dal Ministro dell'istruzione ed un fischio sibilante agli studenti ammuffiti che si sentono protagonisti nel nulla di un movimento inutile ed arcaico!

Il "senso della notizia" di Al Qaeda, ma in che senso?

Stamane ascoltavo su Radio24 un servizio di Cristina Balotelli sull'ultimo videomessaggio dell'erede di Bin Laden, Abu Yahya al-Libi. Ho sentito per l'ennesima volta una banalità che i giornalisti italiani ripetono ogni qualvolta un leader di Al Qaeda si fa sentire in concomitanza con un appuntamento elettorale (stavolta le presidenziali americane), e cioè che i leader di Al Qaeda hanno grande senso della notizia! Sinceramente non capisco questa affermazione, cosa ci si aspetta, che non abbiano un televisore per sapere quando ci sono le elezioni in America, o che non sappiano che in questo periodo un video di Al Qaeda fa più scalpore perfino di un'intervista di Mourinho?

mercoledì 29 ottobre 2008

Finalmente qualcuno che dà una lezione ai facironosi

Finalmente qualcuno che prende a botte i manifestanti senza capo ne coda capeggiati dai leader scriteriati della sinistra. La mia considerazione non ha alcun colore politico. Sono solo contento che ci sia stata una frangia pro-gelmini che si è scagliata contro le orde ignoranti di studentelli che hanno bisogno solo di una bella lezione.
Sarò duro ma sono stanco di vedere che quando il PDL fa qualcosa, il PD e la sinistra si ribellano senza criterio e quando è il PD a fare qualcosa la sinistra si ribella senza criterio. Ora basta!
Viva chi fa! Abbasso ogni manifestazione colorata di rosso!

Le paure del nuovo Ku Klux Klan

Stamane ho letto l'intervista di Mario Calabresi (Repubblica) a Don Black, leader del neo-suprematismo bianco americano. L'impressione che ne ho avuto è stata lucida ed inquietante.

Le istanze di Stormfront, il nuovo Ku Klux Klan che osteggia violentemente Obama, sono il grido disperato di una grande fetta di America che sta soccombendo e che è solo l'ala estrema del mondo WASP.

è lo stesso Don Black a caldeggiare l'America vera, quella dei coloni bianchi europei e paventa una nuova guerra d'indipendenza contro gli invasori ispanici, afro-americani, asiatici. Contro la nuova America di Obama.

martedì 21 ottobre 2008

NapoliBusiness

Nasce il blog di NapoliBusiness, la Linkediniziativa di Antonio Savarese

http://napolibusiness.wordpress.com/

giovedì 25 settembre 2008

Care aziende, è ora di imparare ad usare Internet!

Un bambino autistico è stato indegnamente maltrattato in un centro Carrefour ad Assago, la mamma ha scritto una mail dove raccontava l'accaduto e l'ha pubblicata sul suo blog, Blackcat.
La mail si è diffusa a macchia d'olio ed è scattata così una figuraccia colossale ed un danno d'immagine bello grosso per la società della grande distribuzione. Ma volete capirlo che oggi un singolo consumatore è in grado di farvi i danni che prima poteva farvi solo un giornalista di una grande testata?

martedì 23 settembre 2008

lunedì 22 settembre 2008

Democratici e razzisti.

Secondo Conchita Sannino, giornalista di Repubblica, i sei africani uccisi a Castelvolturno il 19 settembre erano connazionali delle persone che, il giorno dopo, hanno inscenato una rivolta contro la camorra e lo stato che non li difende:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/09/20/immigrati-in-rivolta-dopo-la-strage-della.html

L'articolo è stato ripreso sul sito del Partito Democratico che, per la sua natura pluralista e mutliculturale, dovrebbe stare attento a questo tipo di strafalcioni:


http://www.partitodemocratico.it/gw/producer/dettaglio.aspx?ID_DOC=59445


Bene, per la Sannino gli africani sono tutti connazionali, magari i neri sono tutti connazionali, come quelli con gli occhi a mandorla, d'altronde. Niente razzismo, per l'amor di Dio, sono certo sia solo una distrazione.

A Castelvolturno gli immigrati si ribellano allo stato, ma anche alla camorra

Dico subito che la rivolta degli immigrati di Castelvolturno, in seguito alla strage dei sei africani per mano della camorra, ha avuto dell'incivile ed è stigmatizzabile nei suoi risvolti.
Il punto per me è un altro, gli immigrati hanno avuto la prontezza ed il coraggio di fare in 24 ore quello che noi campani non riusciamo a fare da trent'anni: scendere in strada e pronunciare un NO violento ed inequivocabile ai soprusi della camorra.
Onore a delle persone che persone non sono, anonime, si muovono come zombie senza nome e permesso di soggiorno, in terre che mi fanno venire il mal di pancia al solo pensarle, tanta la desolazione che le caratterizza.

sabato 20 settembre 2008

Ciccillo!

Totò quando brindava diceva "ciccillo!"; l'urlo a calici alzati dei piltoi ANPAC alla notizia del fallimento della trattativa CAI è stato: "A l'Italia!".
Mi sa che i piloti sono addirittura più comici del Principe della risata.

venerdì 19 settembre 2008

La leggenda della ragazza che difese Berlusconi


Una storia di quelle che si raccontano nei film. Un "semplice" avvocato d'ufficio di 28 anni viene improvvisamente chiamato a difendere niente poco di meno che Silvio Berlusconi; nel processo dei processi, il cliente dei clienti.
La persona in questione è Chiara Zardi, di cui Repubblica riporta la storia sorprendente:

"Quando ho ricevuto la chiamata del call center pensavo che mi stessero facendo uno scherzo. Ma poi...". Sorride e sembra ancora incredula Chiara Zardi, l'avvocatessa di appena 28 anni che, per un'ora o poco più, ha sostenuto la difesa di Silvio Berlusconi nel processo milanese che vede il premier e David Mills accusati di corruzione in atti giudiziari. Vista l'impossibilità da parte degli avvocati Ghedini e Longo ad essere in aula, l'avvocato Zardi è stata rintracciata tramite il call-center degli avvocati d'ufficio."C'è da difendere un cliente un pò particolare", le è stato detto. Ventotto anni, legale dell'"Assoutenti", capelli lunghi e frangetta, viso da ragazzina, la Zardi, scusandosi perchè non aveva con sè la toga, si è presentata in aula in tailleur nero e ha fatto l'unica cosa che poteva fare: chiedere dei termini a difesa per esaminare la situazione

Chiara lavora in uno studio milanese ed il caso più importante che ha affrontato finora è stato quello relativo ad una presenza di amianto in un condominio.
Nel processo Mills non avrà giocato un ruolo di grandissimo rilievo, ma per quanto mi riguarda, è nata una stella.

lunedì 15 settembre 2008

Il Pizzafest snobbato dalle grandi pizzerie napoletane

In questi giorni mi è capitata tra le mani la striscetta del programma del Pizzafest e sono rimasto non poco sconcertato. Per chi non lo conoscesse il Pizzafest è una manifestazione che si tiene da qualche anno a Napoli ed accoglie, tra spettacoli e concerti, gli stand dei migliori pizzaioli della città. O meglio, forse un tempo era così (ammesso che lo fosse mai stato, non ricordo i programmi degli anni passati), ma non certo quest'anno.
Tra le pizzerie ospitate, che non nominerò per una questione di rispetto, non figura nessuna di quelle dieci-venti pizzerie che mi vengono in mente se voglio pensare ad una grande pizzeria napoletana: Lombardi, Sorbillo, Il Presidente, Trianon, Da Michele, La Notizia, Starita, Don Salvatore, Brandi, Mattozzi, Rosiello, etc etc. nessuna di qeueste ha prenotato uno stand al Pizzafest.
Non si alza il livello della manifestazione quando si va a vedere il parterre di ospiti, tra cui figura una serie di Dj sconosciuti al grande pubblico, accompagnati da Gigi Finizio e Maria Nazionale.
A questo punto temo un flop di visitatori ma, soprattutto, mi chiedo a cosa serve mandare avanti stancamente una manifestazione che vuole proporre il prodotto di punta della città senza farlo con i nomi più noti del settore.

giovedì 4 settembre 2008

Cartolina dal Maschio Angioino, Napoli




Chi non conosce il Maschio Angioino, scenografia splendida di mille cartoline napoletane? Pare che lo stesso Giotto vi dipinse degli affreschi ormai andati perduti. Ma le opere del Sommo non sono l'unica cosa perduta dal Monumento Nazionale che domina la Piazza del Municipio. Gli fa buona compagnia anche il decoro.
Guardate queste foto scattate ieri (giovedì 4 settembre 2008).








La prima foto è stata scatta dall'accesso al parcheggio di Via Acton, praticamente il parcheggio più vicino al centro commerciale di Via Roma. In sostanza si tratta del primo impatto con la città per chi vuole parcheggiare e fare un pò di shopping. Senza contare che quello è il fossato dove sono avvenute note vicende storiche come il tragico epilogo della Congiura dei Baroni, i quali furono dati in pasto ai coccodrilli proprio in quel fossato. Le mura sulle quali poggia la spazzatura sono le mura del Maschio Angioino.

La seconda è stata scatta a dieci metri dall'accesso principale al castello

sabato 23 agosto 2008

Pechino: record dell’indifferenza o lezione di stile?

Oggi ascoltavo A tempo di olimpiadi, il programma condotto da Carlo Genta su Radio24 per i giochi di Pechino. Un telespettatore intervenuto con un’e-mail faceva notare come, su 4000 atleti, a nessuno fosse venuto in mente di accennare il benché minimo gesto di rimostrazione nei confronti del governo cinese e dei suoi continui attentati ai diritti umani.
Sono lontani i tempi di Jesse Owens, che fece impallidire Hitler nella sua Berlino, o di Carlos e Smith che alzarono i pugni contro la discriminazione razziale della più grande democrazia contemporanea, gli U.S.A.
Ma proprio perché quei tempi sono lontani non me la sento di accodarmi a quanti, Ministro della Difesa della Repubblica Italiana in primis, chiedono agli atleti un gesto, una parola, un afflato, contro la Cina o a favore del Tibet. Che senso avrebbe oggi un gesto del genere? A cosa servirebbe se non a riempire per qualche giorno prime pagine di giornali e bocche dei politici poco e mal fornite dai rispettivi cervelli?
Trenta anni fa ed ancor di più negli anni trenta e quaranta, c’era qualcosa che andava al di sopra di tutto, in ogni momento, quanto meno nella cultura mondiale: l’ideologia. Owens che fa scintille sotto gli occhi di chi lo avrebbe volentieri ficcato in un forno crematorio non era un semplice gesto fatto su commissione del Signor La Russa, ma era una pietra miliare nel pensiero di milioni di persone. Milioni di persone che vivevano un cambiamento basato sulla politica, sulle visioni del mondo e dovevano scegliere, nel profondo dell’animo, da che parte stare. Essere Don Camillo o Peppone, Keynes o Hayek, Nazionalsocialista o democratico, di destra o di sinistra, nero o bianco. Ogni pugno alzato, ogni vittoria segnava un punto a favore di uno dei due schieramenti ferocemente contrapposti, qualunque essi fossero. Il mondo si divideva sempre in due. L’ultimo grande epilogo di questa storia novecentesca fu il miracolo dei giovani universitari americani dell’Hockey su ghiaccio, i quali vinsero l’oro nel 1980 contro i professionisti sovietici, ma già Rocky Balboa ed Ivan Drago, qualche anno dopo, avrebbero dato segnali di distensione.
Oggi il mondo, come insegnano libri ormai già abbastanza vecchiotti (non abbastanza da essere capitati in mano ai politici italiani) è fluido e mutevole. I blocchi si sono disciolti in mille idee che portano ognuna l’acqua al proprio mulino, al punto che i grandi laghi si sono prosciugati (per fortuna, aggiungerei). Oggi ognuno di noi cammina con un bicchiere in mano nel quale porta la propria identità, se lo beve e lo riempie alla fontanina successiva.
Che senso avrebbe in questi anni, un pugno alzato o una vittoria della Russia sugli U.S.A.? Il simbolo dei nostri anni è Bolt che danza dionisiaco dopo l’oro conquistato, celebrando sé stesso, inebriandosi della propria individualità fuori dal comune, piuttosto che di un non meglio definito black power, o di un ancor meno comprensibile concetto di democrazia.
I bacchettoni del CIO lo hanno richiamato all’ordine, i bacchettoni della politica italiana volevano il gesto dagli atleti contro la Cina, l’abbraccio tra un’atleta georgiana ed una russa, in piena guerra tra i due stati, è passato in cavalleria. L’unica, vera cartolina umana di questi giochi olimpici all’epilogo.

giovedì 21 agosto 2008

Anna Tatangelo al Trofeo Moretti

Ma è possibile che non appena il Comune di Napoli conceda una struttura o uno spazio pubblici "debbano" per forza presenziare D'Alessio o la sua fidanzata??

Il solito grande Severgnini su Mao ai tempi nostri

Musical maoista al confine della città dei giochi - Corriere della Sera.
Hongse Jindian vuol dire “libretto rosso”. Nome impeccabile, per un musical maoista a Pechino. Mentre andiamo verso est, tagliando le circonvallazioni, immagino un ristorante per turisti, segnalato dagli sponsor olimpici, pieno dei soliti delegati carburati a birra Yangjing, con l’immancabile network americano che riprende la scena: il rosso, in Tv, funziona. Niente di tutto ciò. Questi fanno sul serio.

Il locale si trova oltre il quinto anello, ai bordi di una città simile a quella che avevo conosciuto vent’anni fa: la metropoli che si sfrangia nei campi, case nel verde impolverato, uomini che fumano in canottiera, bambini in bicicletta, barberie con le luci al neon, piccoli negozi e grandi depositi. Il "Libretto rosso" è nascosto in una strada a fondo chiuso. L’ingresso è attraverso una stella rossa.

Dentro, un avvertimento - niente foto, niente riprese - e dipinti rivoluzionari: la solita ragazza con le trecce davanti alla Porta della Pace Celeste; i ritratti di Marx, Engels, Stalin e Lenin; Mao Dsedong di fianco a una bandiera. La sala è unica, con una balconata intorno; in fondo un palcoscenico, dove ragazzi e ragazze vestiti da Guardie Rosse intonano Ge Chang Mao Zhuxi (“Cantiamo il presidente Mao”). La gente, euforica, smette di mangiare e canta con loro. Perfino Adele Lobasso, che vive a Pechino e ha avuto l'idea di venir qui, sembra sorpresa. Luisa Prudentino, che studia in cinema cinese, è divertita. “Tutti maoisti?”, chiedo a Zhang Na, la collega cinese che ci ha seguito fin qui. “Ma no, erano le canzoni che cantavamo all’asilo.”
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Affronto il “cibo collettivo” comparso sul tavolo, e penso a come si diverte la storia: Mao, condannato dalla politica, è stato salvato dall’estetica. Deng Xiaoping negli anni ‘70 ha denunciato la follia della Rivoluzione Culturale, e la Cina di oggi è figlia di quella svolta. Ma Deng è un nome, Mao è un marchio. Il ritratto del Grande Timoniere sfida il tempo e i turisti in piazza Tiananmen; cartoline e spille sono dovunque. L’iconografia del maoismo regge la sfida del secolo nuovo. C’è qualcosa d’impeccabile, stasera, nelle piccole cameriere rosse che servono il temibile hu bing, pizza tradizionale coperta di germogli di aglio.

Al nostro tavolo è addetta Wang Xiao. Viene dal Hebei, la regione intorno a Pechino. Dice d’avere 17 anni, ne dimostra meno. Sorride, abbassa gli occhi. Ma ogni tanto si trasforma. Interrompe il servizio e partecipa alla coreografia: sale su una sedia e scandisce slogan rivoluzionari. Nella confusione, riprendiamo qualche scena. Un cameriere se n’accorge e prova ad arrabbiarsi; ma basta far sparire la macchina, e ributtarsi sul “brasato di carne alla Mao".
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Un cliente cinese sale sul palco, e chiede di cantare una canzone popolare “per la gloria della nazione impegnata nelle Olimpiadi”. Dopo il musical, il karaoke. Vorrei domandare: “Mao l’avrebbe consentito?”. Ma non c’è tempo. Le tovaglie rosse si alzano come bandiere, ed è tempo di tornare nella città dei Giochi.

Straordinario articolo da Limes sulla Russia di Putin

Via Limes.it

Se Mikheil Saakashvili non esistesse, Vladimir Putin dovrebbe inventarlo. Pare che nelle prime ore di guerra il padrone della Russia non credesse alle sue orecchie: lo sconsiderato arcinemico georgiano era finito con entrambi i piedi nella trappola sud-ossetina, sfidando Mosca sul terreno militare. In pochi giorni, Putin ha non solo ripreso il controllo dell’enclave contesa, ma minaccia di ridurre l’intera Georgia ad entità virtuale. Soprattutto, ha inflitto una sonora lezione agli Stati Uniti. Per la prima volta dal crollo dell’Unione Sovietica, l’impero russo è all’offensiva. La guerra di Georgia non ha solo un formidabile impatto regionale, ma contribuisce a riscrivere gli equilibri globali così come sembravano essersi consolidati alla fine dello scorso secolo. Vediamo.

Durante la guerra fredda, l’obiettivo strategico degli Stati Uniti era di impedire che l’Europa occidentale cadesse sotto l’influenza russo-sovietica. Quasi vent’anni dopo aver sconfitto l’Urss, gli americani scoprono che russi ed europei occidentali – tedeschi, francesi e italiani in testa – non sono mai stati tanto vicini. Non solo gas e petrolio. Berlino, Parigi e Roma considerano Mosca parte integrante dell’equilibrio continentale. Dunque rifiutano di costruire una coalizione anti-russa in Europa, come vorrebbero i “falchi” di Washington, guidati da Cheney e McCain. E come sognano le piccole e medie nazioni dell’Europa centro-orientale, filoamericane e russofobe (oltre che euroscettiche, salvo quando si tratta di incassare i soldi di Bruxelles). Una frattura che attraversa l’Alleanza Atlantica e l’Unione Europea. Divide l’Occidente. Anzi, ne avvicina una parte fondamentale alla Russia.

Una tendenza percepibile da tempo, ma che la guerra di Georgia ha reso esplicita. Sarkozy è stato prontissimo a volare a Mosca e a Tbilisi, appena ha capito che la partita sul terreno era decisa, almeno in questa fase. Contrariamente alle apparenze, il leader francese non è stato un mediatore, ma il notaio della vittoria russa e della sconfitta georgiana. Soprattutto, dell’impotenza americana. Il “piano di pace” francese ha semplicemente certificato il risultato sul terreno. Tbilisi può scordarsi Ossezia del Sud e Abkhazia. Mosca si vede riconosciuto di fatto il diritto a una sfera d’influenza pancaucasica. Putin provvederà poi, imbaldanzito dal successo, a interpretare in modo estensivo questo “piano di pace”. Come si osserva a Parigi, Berlino e Roma, dopo la batosta la Georgia è molto più lontana dalla Nato. E con essa l’Ucraina, l’altra grande perdente dello scontro per l’Ossezia meridionale.

La Francia ha agito a nome dell’Unione Europea, in quanto presidente di turno. Ma non per conto di tutti. A parte i classici distinguo britannici, nella tragedia georgiana polacchi e baltici si sono smarcati dagli euroccidentali. Mentre Sarkozy avallava il trionfo russo, i presidenti di Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, accompagnati dal collega ucraino, volavano a Tbilisi per solidarizzare con lo sconfitto. Denunciando l’”imperialismo” e il “revisionismo” di Mosca. Così certificando l’esistenza di almeno due Europe nell’Unione Europea e nella Nato. Quella più aperta alle ragioni e agli interessi di Mosca, della quale l’Italia di Berlusconi rappresenta paradossalmente l’ala più estrema – il nostro leader passa per “amerikano”, ma quando si tratta di scegliere fra Bush e Putin inclina per il secondo. E quella antirussa, guidata dal “gemello” polacco Lech Kaczynski e dall’estone-americano Toomas Hendrik Ilves, per cui non ci sarà pace in Europa finché esisterà la Russia. Si può immaginare che cosa sarebbe successo se la cabala della rotazione avesse assegnato a uno di loro la presidenza dell’Ue.

Era questa l’Europa, era questo l’Occidente per cui gli Stati Uniti si sono battuti nella guerra fredda? Certamente no. L’America non aveva spinto l’Urss al suicidio per ritrovarsi di fronte un impero russo assetato di rivincita, deciso a riconquistare almeno parte dei territori persi nella “catastrofe geopolitica” (Putin) del 1989-91 e capace di strutturare un solido rapporto con l’Europa occidentale. Valeva la pena per gli Usa scambiare satelliti come Bonn (oggi Berlino) e Roma – per tacere del contrastato ma fruttuoso rapporto con Parigi - con Tallinn, Riga e Vilnius, dove l’ambasciatore americano è l’autorità suprema, almeno quanto da noi negli anni Cinquanta? O anche con Varsavia, Kiev e Tbilisi?

La “Nuova Europa” evocata da Rumsfeld ai tempi della campagna irachena sta procurando a Washington più problemi di quanti ne risolva. Il caso georgiano è esemplare. Saakashvili si considera più americano di molti americani. Bush lo ha sostenuto e armato per servirsene come spina nel fianco del colosso russo, in un’area strategica per i corridoi energetici. A cominciare dall’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan e dall’assai futuribile gasdotto Nabucco, entrambi di dubbio senso economico ma concepiti come leve geopolitiche per aprire vie alternative a quelle russe nelle esportazioni di greggio e di gas caspico-centrasiatico verso l’Europa. Ma i georgiani hanno sovrainterpretato l’appoggio americano. Hanno voluto vedervi – o è stata loro fatta vedere - luce verde per la riconquista del loro microimpero caucasico, da estendere a popoli refrattari a Tbilisi, come i sud-ossetini.

Nel gioco delle ingenuità e manipolazioni reciproche, alla fine, come nel caso del Kosovo, è stata la coda a muovere il cane. Se però gli albanesi dell’Uçk usarono magistralmente la Nato contro la Serbia, i georgiani – o almeno il loro avventuroso condottiero – si sono illusi di godere della protezione americana contro Putin. Nessuno a Washington è pronto a scatenare la guerra alla Russia in nome dei diritti della Georgia.

Nel crepuscolo di Bush, la balbettante risposta americana alla guerra russo-georgiana riflette il vuoto strategico di questa amministrazione. Oscillante fra l’ammiccamento a Putin e il tentativo di sancire via allargamento della Nato la definitiva liquidazione di qualsiasi sfera d’influenza russa in Europa. Un zigzag pericoloso, che ha prima terrorizzato la Russia con l’avanzata della Nato verso le sue frontiere, con la rivoluzione delle rose in Georgia e soprattutto con quella arancione in Ucraina. Salvo poi scatenarne la prevedibile reazione. Ora anche militare. Minacciare l’esclusione della Russia dal G8 e inviare aiuti umanitari ai georgiani su navi militari a stelle e strisce può forse giocare in chiave di campagna elettorale repubblicana contro il “morbido” Obama. Certo non spaventa Putin. Convinto di poter contare anche sui partner della “Vecchia Europa”.

Al prossimo presidente di compiere la scelta che Bush, dopo Clinton, non ha saputo osare. L’alternativa è fra accettare la Russia come fattore imprescindibile dell’equazione di potenza in Eurasia, oppure aderire alla convinzione polacco-baltica, ma anche ucraina e georgiana, per cui la vittoria nella guerra fredda non significava solo abbattere la cortina di ferro, ma spostarla quanto più a ridosso di Mosca possibile. Isolando e distruggendo una volta per tutte l’impero russo, vocato all’espansione a mano armata. Entrambe le scelte hanno dei costi. La seconda difficilmente potrebbe evitare una guerra, o una serie di guerre nel cuore del nostro continente. Perché la Russia non si suiciderà come l’Urss. Questo Putin voleva far sapere al mondo con la campagna georgiana. Di questo abbiamo preso atto nella “Vecchia Europa”. Ma in America?

mercoledì 20 agosto 2008

Saldi Unico Campania, biglietti venduti al 50%


Cosa non si riesce a vedere a Napoli! L'ultima, deprimente attività imbandita da alcuni individui di Piscinola è quella di rivendere all'entrata della metropolitana biglietti già obliterati ma ancora validi.
Questi novelli imprenditori del trasporto pubblico si piazzano presso i varchi di accesso alle stazioni metropolitane (in particolare sono stati avvistati alla stazione di Piscinola, a Scampia) e con metodi più o meno urbani si fanno dare i biglietti appena timbrati dalle persone che scendono dal treno.
Poco dopo li rivendono per la metà del costo ufficiale a chi si appresta a salire in metrò. Il biglietto unico Campania per trasporti cittadini costa 1,10 euro. Da queste persone può essere comprato a 50 centesimi. Anche se i biglietti sono già timbrati, molte persone preferiscono comprarli, consapevoli del fatto che riusciranno a terminare la propria corsa entro la scadenza del titolo di viaggio.
Rabbrividisco ancora una volta di fronte alla capacità dei miei concittadini di trovare sempre nuovi modi di delinquere.

I Giornalisti

Dal Blog La Nostra Cina, di Fabio Cavalera

Parliamo un attimo di noi giornalisti. La cerimonia d'inaugurazione è stata bellissima. Forse, per una volta, più bella dal vivo che non in televisione. Purtoppo mi è capitato di leggere sui quotidiani italiani commenti fuori luogo, conditi da errori e banalità.

Era da mettere in conto. Io sono il primo a sbagliare. E soprattutto sono il primo a criticare la Cina, o meglio il suo regime. Ma di fronte a certe affermazione, che ho visto pubblicate, resto sconcertato. E' come se continuassimo a non volere capire e a volere impartire lezioni. E invece dovremmo prenderne di lezioni. Ieri sera, alla cerimonia, la Cina ci ha insegnato come si possono raccontare tante cose - e mandare tanti messagi - con garbo e con intelligenza. Certo, i diritti umani. Certo il Tibet. Certo i dissidenti e la democrazia. Non cambio idea su nulla. Però non è con l'ignoranza che si difendono i nostri valori occidentali più alti.

Alcuni hanno scritto che la Cina è deserta. Non ci sono turisti. Non è vero. Hanno scritto che Tiananmen era vuota. Non è vero, era piena di gente per vedere le riprese. E poi, come al solito...l'odore d' aglio...l'antipatia...e cose del genere.

Ripeto, sono il primo a non comprendere la sottigliezza e la profondità della cultura cinese. Sono il primo ad essere severo (fin troppo mi accusano) spesso. Però ho l'impressione che l'Italia, che spedisce Manuela Di Centa (!!!!) a rappresentarla in tribuna autorità (che disastro), continui a sbagliare. E' colpa nostra. Di noi giornalisti. troppo presuntuosi e poco aggiornati.

martedì 19 agosto 2008

A Novembre il primo cellulare Android

Via PCWorld

Il primo cellulare Android in arrivo a novembre

Il cellulare Dream di HTC con software Android di Google dovrebbe essere disponibile dal 10 novembre: lo rivelano i documenti dell'FCC

a cura di Alfredo Distefano
I documenti rilasciati dall'ente americano U.S. Federal Communications Commission (FCC) sembrano indicare che il primo cellulare Android arriverà sul mercato statunitense a novembre. L'FCC ha infatti approvato la vendita del telefonino Dream di HTC, un dispositivo che dovrebbe diventare il primo cellulare a utilizzare l'atteso software Android di Google, basato su Linux.
HTC ha chiesto all'FCC di mantenere confidenziali alcune parti della sua documentazione, incluse le foto e il manuale utente, fino al 10 novembre, data che quindi si presume sia quella del lancio sul mercato del nuovo cellulare di HTC.

Google e HTC non hanno confermato che il telefonino Dream utilizzi Android e i documenti accessibili al pubblico dell'FCC non rivelano il software utilizzato, ma è da mesi che su Internet si dà per scontato che il Dream utilizzi Android, completo di funzionalità fotografiche e video. I documenti della FCC contengono alcune informazioni sui risultati dei test tecnici sull'emissione in radio frequenza e rivelano solo alcuni dettagli secondari. Ad esempio, il telefonino Dream includerà Wi-Fi, una fotocamera e un'interfaccia Bluetooth, e funzionerà su reti 3G. Conterrà anche una "jog ball", una sorta di piccola trackball per controllare il puntatore sullo schermo. I documenti fanno riferimento anche a uno "slider", il che potrebbe indicare che il telefonino conterrà una tastiera a scomparsa, come avviene su diversi modelli di cellulari e smartphone HTC.

Gli appassionati di telefonia mobile stanno attendendo con impazienza l'arrivo dei cellulari Android, che potrebbero diventare gli antagonisti dell'Apple iPhone e sfidare i colossi della telefonia come Nokia che sono da anni sul mercato. Nonostante le voci di un ritardo nel lancio di Android, Google afferma che lo sviluppo del software prosegue regolarmente e che i primi telefonini saranno disponibili entro la fine di quest'anno. Al consorzio di Android partecipano Sprint Nextel e T-Mobile e alcuni osservatori prevedono che T-Mobile sarà il primo operatore a offrire cellulari Android ai suoi utenti. Entrambi gli operatori vendono attualmente telefonini di HTC.

Street View nel nuo celllulare Google-HTC, straordinario

mercoledì 13 agosto 2008

Il biscotto olimpico. Italia Camerun 0-0

Italia e Camerun danno vita al famoso biscotto bianco e nero, simbolo della convivenza inter-razziale, non certo dello spirito olimpico. Onore all'Olanda che insegnò ma non all'Italia che non imparò.

martedì 12 agosto 2008

Mixi, Facebook e la serietà del social networking giapponese


Molto si è scritto in questi giorni sul fallimento strategico di Facebook e MySpace in Giappone. Gira un'opinione diffusa che il motivo stia nel fatto che il modo occidentale di fare social network sia troppo faceto e ludico per adeguarsi alla serietà del mondo comunicativo nipponico. Ho dato uno sguardo alla pagina tradotta (da Google) di Mixi, la piattaforma di social network che sta sfondando in Giappone. Giudicate voi, ma non ci vedo tutto questa gravida serietà:

http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=ja&u=http://mixi.jp/&sa=X&oi=translate&resnum=1&ct=result&prev=/search%3Fq%3Dmixi%26hl%3Dit%26rlz%3D1B3GGIC_itIT261IT261%26pwst%3D1

lunedì 11 agosto 2008

Galliani: "Brava Vezzali anche se Interista"................inorridisco!!

Dopo l'impresa di Valentina Vezzali, la quale, tanto per intenderci, è una delle dieci più imprtanti dello sport di tutti i tempi, arriva una delle frasi più idiote di tutti i tempi. Galliani, Dg del Milan Calcio, telefona a Petrucci e dice: "Di fronte ad un'impresa del genere passa tutto in secondo piano, anche l'appartenenza alla tifoseria nerazzurra di Valentina Vezzali"
Allora, trattenendo i conati di vomito, cerco di scrivere qualcosa:
1) chissenefrega che il Milan, nella persona del signor Galliani chiama Petrucci per fare i complimenti alla Vezzali? traduco: perchè devo trovarmi questa notizia tra le prime sul sito di RaiSport? Avesse chiamato Giorgio Napolitano, potrei capire.
2) perchè mai il calcio deve sempre entrare a gamba tesa in tutti gli altri sport anche nel periodo olimpico? Secondo Galliani il fatto che Vezzali tifi Inter potrebbe essere una discriminante sul gioire per la sua impresa. C'è bisogno di precisare il contrario? dicendo che il tifo per una misera quadra di club passa in secondo piano di fronte a tre ori consecutivi Galliani dice un'ovvietà di primo piano, come se avesse detto: "Siamo molto più scarsi di Inter e Roma" o "l'acqua caldissima scotta e fa male"
3) Giornalisti! vi prego! ignorate queste stupidaggini in certi casi!!!

martedì 5 agosto 2008

Regola corrente del giornalismo sportivo italiano

Pronunciare la parola "Mourinho" almeno ogni venti, in barba all'evento olimpico, anche per piccole scaramucce con Ranieri.

martedì 15 luglio 2008

Cruciani Giuseppe, un grande giornalista


Ecco una buona missione per un Giannizzero. Parlare bene di uno dei pochi giornalisti italiani con la schiena dritta: Giuseppe Cruciani.
Giornalista ostico e di non facile lettura, complessamente semplificatore nelle sue idee ma trasparente nel testimoniarle. Cruciani conduce La Zanzara dal lunedì al venerdì alle 19:15 su Radio24. Non nascondo di adorare Radio24, un'emittente moderna, indipendente, che propone un'informazione precisa e pragmatica. Cruciani è l'emblema di questo pragmatismo che farebbe impallidire i migliori giornalisti della tradizione anglosassone.
Sempre sui fatti, interagisce con il pubblico che chiama da casa nel modo più rispettoso possibile e cioè intavolando un discorso aperto, anche duro, a tratti. Io mi trovo molto con le sue idee disincantate e realiste sulla politica e l'economia, con il suo benaltrismo positivo che sfronda la cronaca delle cose più inutili.
Profondamente democratico, propone il proprio pensiero senza compromessi. Intervista spesso Giampaolo Pansa e Franco De Benedetti, personaggi che per me esprimono idee di grande valore.
Insomma, elogio a Cruciani, giornalista che non vuole piacere, raro esemplare, tra i mezzi busti televisivi, i "bella voce" radiofonici e gli allineati della stampa.

Ottaviano Del Turco in isolamento

Negli stessi giorni in cui si apprende che la misura del 41 bis, carcere duro per reati di mafia, è stata revocata a 37 reclusi, e che il 6% dei padrini ne rimarrà fuori, compresi il killer di Dalla Chiesa e gli uomini delle stragi, arriva come un tuono la notizia che ad Ottaviano Del Turco, il presidente dell'Abbruzzo arrestato per tangenti nella sanità, saranno inflitti tre giorni di totale isolamento e sorveglianza a vista.
L'ago della bilancia della giustizia sta diventando un ferro da lana, anzi no, un lampione, tanto che pesa!

lunedì 14 luglio 2008

Nella monnezza


Ancora una volta sono stato attratto, mentre giravo per Napoli, dall'idea di fotografare composizioni strane di spazzatura.
Ieri ho visto questo sanitario per strada con dentro una sorta di schedona di tranistor vari. Secondo me questa composizione spontanea la dice lunga sui rischi della società della tecnologia, fuori da ogni retorica spicciola.

martedì 8 luglio 2008

Gigi D'Alessio fischiato al concerto di Pino Daniele

Ho visto in TV il fantastico concerto di Pino Daniele per l'apertura del tour Vaimò 2008 a Piazza del Plebiscito.
Lo hanno definito "L'inizio di una rivoluzione buona".
Forse per questo Gigi D'Alessio, intervenuto per partecipare in alcune canzoni (Napule è e O' Scarrafone) è stato subbissato di fischi ed inviti a lasciare la scena. I fischi a D'Alessio sono fischi ad una rappresentazione di Napoli che ai napoletani comincia a stare stretta: le canzonette, il gossip, le botte ai fotografi, le infrazioni gravissime al codice della strada.
Non voglio giudicare D'Alessio in quanto uomo, cerco solo di interpretare un fenomeno clamoroso. Fischiando D'Alessio, la piazza ha fischiato la Napoli che non piace e che vuole mettersi alle spalle.
Detto ciò, a mio giudizio, anche se non gradisco la musica di D'Alessio, ho trovato i fischi molto maleducati. Ma quale rivoluzione che si rispetti chiede il permesso prima di entrare? Che sia la volta buona? Speriamo!

domenica 6 luglio 2008

Mettiamoci a difendere Bush, da Bloggers!


Fino ad oggi gli articoli che ha postato “Lo Giannizzero” non sono stati in linea con il sottotitolo di questo spazio web. “Difende l’indifendibile”, recita il trafiletto sotto il titolo. E invece ci ho dato giù pesante attaccando intorno a qualcosa che non mi andava.

Con questo articolo mi voglio rifare un pochino rientrando nelle aspettative dei lettori. Voglio difendere il vecchio Gorge Bush, il quale puntualmente sputa veleno e minacce sul governo iraniano di Mahmoud Ahmadinejad. Come dargli torto? Soprattutto noi partecipanti della Rete, tanto riempiti del suo potenziale democratico e tanto gelosi della nostra libertà telematica.

Soprattutto noi, come possiamo dare torto a Bush, quando leggiamo che il Parlamento di Teheran ha discusso un disegno di legge che punta a “punire” i disturbi alla sicurezza mentale della società e che ha come obiettivo primario, quello dell’eliminazione (fisica) dei bloggers?

Il testo annovera, infatti, tra i reati punibili con la morte, “establishing websites and weblogs promoting corruption, prostitution and apostasy,”.

Fino ad ora Teheran si era limitata, bontà sua, a mettere in cella decine di bloggers. Se passerà questo disegno di legge, allora i bloggers saranno direttamente giustiziati.

A quando un filmetto pseudo-denuncia di Michael Moore?

domenica 29 giugno 2008

L'imbarcadero di Capri

Ieri sono andato a Capri. Inutile scrivere di come l’isola sia fantastica e fuori da ogni possibile immaginazione sia la sua bellezza. Voglio piuttosto raccontare un episodio buffo che mi è accaduto appena sceso dall’aliscafo, nel porto di Marina Grande.

Il molo dove attraccano gli aliscafi, per chi non avesse avuto la fortuna di andare a Capri, è piccolo e stretto. Non sarebbe questo un problema se dagli aliscafi non scendessero, oltre alle persone, anche mezzi di grossa stazza, tra cui piccoli furgoni carichi di merce.

È così che, appena messo piede sul molo, e avviatomi verso l’isola lungo la stretta camminata mi sono imbattuto in un camioncino messo di traverso sulla banchina, con le ruote posteriori ancora sulla rampa del traghetto. Il malcapitato tentava disperatamente di fare manovra per scendere dall’imbarcazione, ma lo spazio era pochissimo.

Si è formata così una folla di turisti con valige e zainetti, in attesa che il camion passasse.





Sarà stato il carico di legname, la canicola, la folla che si era formata, ma a me è sembrato quasi di essere all’imbarcadero della Cable Santa Clara, nell'Habana Vieja.

venerdì 20 giugno 2008

Metti una sera a cena con Youtube

Stamane ho guardato per la prima volta il video-clip di Park and jeans dei Weezer’s. La canzone propone una parodia dei tormentoni di Youtube. L’ho trovato molto divertente. Ma mi ha anche fatto pensare.

Molti preannunciano una futura sostituzione della TV tradizionale generalista con la IPTV e la TV “a catalogo”, anche detta on demand. In sostanza, dico io brutalmente, ma per evitare di menare il can per l’aia, Youtube o qualcosa del genere dovrebbe rimpiazzare la televisione nel prossimo futuro.

Ho provato ad immaginare cosa averrebbe in una futuristica famiglia italiana che, durante la cena, si sintonizza su Youtube per scegliere qualcosa da guardare.

Il capofamiglia prende la piccola tastierina che fa da telecomando, e digita le parole appena scelte dopo un breve sondaggio familiare: “divertente”. È la serata giusta per farsi quattro risate, dopo mille impegni.

Bene, il primo video offerto con la chiave di ricerca “divertente” mostra uno che fa le moltiplicazioni disegnando delle reti con una matita. Contando poi i nodi viene fuori il risultato. Il video dura due minuti e mezzo, ma dopo i primi trenta secondi il nonno già è nella fase R.E.M.

Allora, si decide di andare a vedere tra i video correlati, in basso a destra, se c’è qualcosa di meglio. Ottimo. Al secondo posto il video si intitola: “video divertente il ragazzo si fa le seghe e la nonna...”. Scattano i colpi di tosse imbarazzati della madre, alla quale per poco non cade la parmigiana di melanzane dalle mani per il sussulto.

Ok, diamo un’altra occhiata ai video correlati. Oltre agli espliciti “faccio pompini gratis!!! hehehehehehe!! !!!!” e “ LA NONNA ZOZZONA” (video non porno, ma comunque sconvenienti da guardare insieme ai bambini di otto e dodici anni), in cima si trova un video dallo strano titolo, quasi criptico: “LA NONNA”, mah, proviamo.

Al padre salta il quinto by-pass insieme ad un fagiolo del minestrone, ma dalle narici, quando una vecchia decrepita si alza la gonna e, senza mutande, si schiaffeggia quello che resta di un’antica vagina.

Dopo il massaggio cardiaco, i figli riprendono il telecomando. Il più grande, 21 anni, opta per un po’ di sano sport, anche per riprendersi dai traumi subiti pochi minuti prima.

Digita quindi “Sport”. Il primo video si intitola “Video Divertenti Nello Sport by Andrea10”, niente di male, direte voi, se non consideriamo il fatto che nel titolo c’è anche la parola "divertenti". Di conseguenza tutti i video correlati sono più o meno quelli di prima, in cima quello di un omone nudo di cui nemmeno ricordo il titolo (non l’ho memorizzato perché non ce la facevo a soffermare gli occhi in quello zona del monitor.

Basta!! Esclama la madre. Ora decido io! E digita la parola” fiction” per cercare un film o qualcosa del genere. Solo che il popolo della rete conosce solo una fiction, quella Pulp di Tarantino. I primi dieci video sono spezzoni più o meno originali del film.

Ultima spiaggia. La mamma lava i piatti e si mette un cartone per il piccolo Luigi. Digitiamo “cartone”. Metto in ordine i risultati per farvi sentire empaticamente la depressione cronica che soggiunge nel proprio Luigino:

  1. “Francesco Renga – Ferro e cartone”, il video clip di Francesco Renga, che sarà anche un signor cantautore ma non era quello che cercavamo.
  2. Siamo fatti così ita videosigla cartoni”, la sigla di Siamo fatti così, Luigino comincia ad avere bisogno di eroina.
  3. Cartoni Animati sigla "L'incantevole Creamy" italian opening”, qualcuno ha bisogno che commenti?

Il quarto risultato è un video che spiega come si fanno le cornici di cartone.

Siamo al colmo. Il padre prende tutti, moglie compresa, e li manda a letto inviperito. La sala da pranzo si svuota. Tutti si avviano mesti alle camere da letto mentre il padre mormora che il giorno dopo andrà a riattaccare quella vecchia antenna per riprendere il segnale via etere.

Al ché si desta il nonno, che era rimasto a sonnecchiare lì in poltrona. Si guarda in giro, si avvicina alla videostation e tira fuori dalla giacca una chiavetta USB. La mette nella porta e si scarica un video: quello della vecchina che si alza la gonna!!

Beh, almeno qualcuno Youtube lo ha accontentato.

Vi assicuro che ho percorso personalmente questa trafila di video su Youtube. Potete provare a farlo anche voi, se non ci credete. La conclusione che traggo è questa: o la IPTV deve cambiare radicalmente registro, oppure le previsioni sulla fine della TV generalista sono delle grandi bufale.

Sono per tutte e due le ipotesi!

mercoledì 4 giugno 2008

Incurabili parcheggiatori


In questi giorni c'è chi sta pensando che forse sarebbe stato meglio nascere in un altro posto che Napoli. Cosa dovrei dire io allora?
Ieri sono andato a sbrigare delle commissioni nell'Ospedale degli Incurabili, Napoli, nosocomio in cui ebbi i miei natali. Guardare le foto per comprendere lo spettacolo che mi si è aperto davanti agli occhi.






Un groviglio di auto parcheggiate in modo tale da ostruire il passaggio carrabile dell'ambulanza!!
Quei varchi che si vedono nelle foto sono infatti le uscite del parcheggio delle ambulanze.
Dal sito www.staibene.it leggo che "In caso di infarto, raggiungere un ospedale entro le prime due ore può salvarci la vita". Bene, calcolando che per trovare il prorpietario di un'auto in sosta possiamo impiegare dai cinque ai quindici minuti, faccio un calcolo semplice:
Un'infartuato che chiama gli Incurabili ha tra il 4 ed il 12% in meno di possibilità di sopravvivere a causa delle auto parcheggiate davanti all'ambulanza.
Ad onor del vero una sola uscita era semi-libera (nel senso che era stato lasciato lo spazio per far passare appena un veicolo), ma con qualche manovra!
Non aggiungo altro.

sabato 24 maggio 2008

BERLUSCONI E LA MACROFISICA DELLA SANTITÀ


Nel suo Il Corpo Mirabile, Marino Niola spiega come, nella Napoli seicentesca delle mille catastrofi e pestilenze, si fosse sviluppato un culto insistente e diffuso delle reliquie dei santi. Il corpo ed i suoi resti diventano così “oggetto ricercato”, un presidio taumaturgico contro calamità e catastrofi naturali o storiche. Così la Napoli post-tridentina diviene lo sfondo di quello che Niola chiama microfisica della santità, segnata da una “produzione incessante di nuovi santi e patroni e da un’imponente disseminazione dei corpi e delle reliquie degli stessi.

È in questo periodo che a Napoli nascono mille cappelle ed edicole votive, una per ogni vicolo, per ogni basso. La santità si disperde e si distribuisce in parti piccole tra tutti, a nessuno è negato il proprio piccolo pezzetto di santità.

Nel 2008 Berlusconi ha rovesciato questa tendenza centenaria in un battibaleno. Con il lungo manifesto srotolato sulla parete (già nota per i seni TTT Lines di Giulia Mango, che hanno messo in tilt, a detta dei giornali, il traffico di Fuorigrotta) dello Sferisterio.

Il manifesto è enorme, le sue dimensioni mettono in pratica una macrofisica della santità che rovescia lo storico rapporto di Napoli con i suoi idoli. Nel ventesimo secolo c’è spazio per un solo, grosso santo a Napoli.